12 gennaio 2013

"Per un parto attivo"


Per un parto attivo

Il potere dell’istituzione medica è oggi ancora troppo forte e pervasivo. Occorre un cambiamento nella cultura occidentale del parto. Ogni parto è un evento unico e non uniformabile
Come ben afferma Piera Maghella, fondatrice del MIPA (Movimento Internazionale Parto Attivo), il parto attivo “NON è un nuovo metodo, ma un atteggiamento radicalmente diverso; NON è lasciare la donna che sta partorendo senza assistenza e NON vuol nemmeno dire non intervenire mai […]; NON è uno svalutare i grandi passi fatti nel campo dell’ostetricia e nemmeno svalutare il ruolo degli operatori e NON è neppure un tornare indietro alla ‘natura’ o al primitivo”; piuttosto con esso si intende “un protagonismo della madre, del padre e del bambino durante la gravidanza, il parto ed il periodo dopo il parto. È rispetto dei tempi, dei bisogni, delle scelte e della cultura in questa coppia; è più attenzione, ascolto ed osservazione da parte degli operatori”. È il concetto di scelta - accanto a quelli di partecipazione e consapevolezza - che si trova infatti alla base di un’ostetricia che voglia rendere umano l’evento del parto. Poco conta che si utilizzi il canto (come fa Leboyer), il parto in acqua (promosso da Odent) o si sostengano le partorienti con la musica (come caldeggiato dal Dott. Braibanti) se poi la donna si trova di nuovo costretta in azioni, posture, processi e tappe imposti da altri. L’insidia principale di tali metodi, come di molti altri, è “legata al fatto che il bersaglio di queste lotte sono dei metodi e delle pratiche specifiche piuttosto che il potere che l’istituzione ha sulla donna”. Per quanto le innovazioni ostetriche introdotte da questi medici, per menzionare le più recenti, presentino delle caratteristiche positive, esse non risultano sufficienti affinché si possa parlare di un cambiamento nella cultura occidentale del parto. Non si può pretendere di promuovere una “nascita senza violenza”, come da loro affermato, dando rilevanza al solo nascituro: non solo si compie così una forte discriminazione nei confronti della partoriente, ma di fatto non si tiene conto del benessere del bambino - in quanto legato in una relazione osmotica con la madre vivrà la sua nascita come ella vive il proprio parto. Pretendere e magnificare poi, come essi hanno fatto, la totale inconsapevolezza della donna nei confronti del parto, della propria corporeità e fisiologia è offensivo nei confronti del genere femminile: viene così facendo ribadito quel potere maschile che ancora oggi impedisce alle gestanti e alle partorienti di riappropriarsi di un percorso e di un evento sottrattigli dalla biomedicina a favore di un sempre maggiore protagonismo degli operatori sanitari. Ancora, tentando di uniformare il parto ad un modello e fare in modo che ogni sua occorrenza rientri in esso significa renderlo sempre uguale, snaturando così un evento unico in quanto influenzato di volta in volta dalle azioni e dai sentimenti dei personaggi che lo animano, dal contesto e dalle interrelazioni umane. Infine, nonostante sia lodevole dedicare attenzione agli spazi fisici in cui il parto avviene, ciò non è sufficiente: sulla sua scena si intersecano molteplici dimensioni, tutte allo stesso modo rilevanti ed ognuna degna di essere tutelata ed ottimizzata in quanto il parto, è bene ricordarlo, è evento biosociale e psicofisico. Oltre alle migliorie in ambito assistenziale vi è qualcuno, come Verena Schmid, che propone infatti un sistema ostetrico alternativo al fine di raggiungere un obiettivo da molti auspicato: rendere protagonista del parto la partoriente. L’Ostetricia relazionale, così denominata da questa ostetrica “perché mette al centro dell’evento la donna, e quindi la relazione diventa lo strumento principale di intervento e rapporto” si presenta come l’integrazione tra due modalità di fare ostetricia:
Modelli di ostetricia

Ostetricia istituzionale / Modello patriarcale
Parto evento medico, concetto meccanicistico, evento fisico / Approccio lineare, valutante le costanti, la quantità, orientato sul risultato; assenza di ritmi, standardizzazione / Uso della tecnologia come strumento di controllo, di prestigio, finalizzato all’efficienza / Gravidanza e parto potenzialmente rischiosi, patologici, pieni di incognite / Competenza, senso di protezione e controllo sono dell’esperto (medico); offre alla donna la sicurezza della protezione dalle emozioni / Determinazione autoritaria degli eventi / Segmentazione degli interventi; logica della produzione industriale / Interventismo medico: aggressivo, distruttivo, orientato verso un aumento di patologia, fuori dalla relazione con la donna / Adattamento e sottomissione della donna; donna oggetto, passiva / Ostetricia operante / Medicina paternalistica, regressiva / Scienza / Rende inabili gli abili (crea incompetenza, inadeguatezza); ruolo dell’operatore direttivo, impositivo

Ostetricia relazionale / Nuove modalità di assistenza (modello integrato)
Parto evento biosociale, concetto umanistico, evento psicofisico / Approccio circolare, valutante le variabili, la qualità, orientato sul percorso, ritmico, personalizzato / Uso della tecnologia come ausilio, strumento di cura, finalizzato al benessere / Gravidanza e parto potenzialmente espressioni di potenza e di salute, riferimenti di sicurezza nella donna / Competenza, senso di protezione e controllo sono della donna; è aperta o esposta all’esperienza emozionale / Determinazione degli eventi attraverso il dialogo e la relazione con la donna, mediazione attiva / Continuità dell’assistenza e delle competenze; servizi per la salute / Interventi conservativi, protettivi, orientati verso il ristabilirsi dei processi fisiologici, all’interno della relazione terapeutica con la partecipazione attiva della donna / Protagonismo crescente della donna/coppia; donna soggetto, attiva / Ostetricia aspettante / Medicina ecologica, autoterapeutica, maieutica / Arte / Rende abili gli inabili (crea competenza); ruolo dell’operatore di facilitatore, propositivo 

Ostetricia alternativa / Modello matriarcale
Parto = rituale femminile, evento intimo, sessuale, spirituale / Approccio intuitivo, valutante l’esperienza personale, orientato sul processo di trasformazione iniziatico della donna / Nessun uso di tecnologia, mezzi naturali e sostegno come cura / Gravidanza e parto espressioni della vita / Competenza e sicurezza sono nella fede personale della donna, nelle sue motivazioni interiori / Determinazione degli eventi secondo il fluire delle cose e i ritmi personali, nessuna mediazione / Continuità e autogestione / Interventi dolci, non strumentali, uso di un’antica manualità ostetrica guidata da una profonda conoscenza del corpo / Protagonismo assoluto di donna, partner e bambino, piena espressione della potenza generativa femminile e maschile / Ostetricia sapiente / Medicina della donne
Saggezza / Conferma e rinforza la competenza fino alla liberazione dagli esperti

Il modello proposto da Schmid è contraddistinto, come è possibile notare, da una relazione diversa fra la donna e chi la assiste, aspetto che rappresenta il nocciolo dell’assistenza ostetrica non convenzionale. La donna, se approcciata secondo le coordinate di un’ostetricia relazionale, è protagonista attiva del suo parto, soggetto consapevole e agente di scelta libera ed autonoma, e non oggetto passivo su cui il medico interviene, mera spettatrice, paziente bisognoso di cure e gesti medicalizzanti.
Ad oggi, a sostegno di un parto attivo esistono strumenti e linee guida specifici - come ad esempio il “Piano del Parto” e “La carta dei diritti della partoriente”, discussa presso il Tribunale Otto Marzo nel 1982 - anche se il loro effettivo utilizzo è ancora raro in Italia; esistono disegni di legge ad hoc, come il DDL “Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato” presentato più volte in Parlamento ma ancora sotto esame, dunque privo di valore vincolante per l’istituzione medica; esistono infine le 15 raccomandazioni dell’OMS, anche se, trattandosi appunto di “raccomandazioni” e non di obblighi, non sempre vengono attuate.
Ora: se molte donne, buona parte dell’opinione pubblica ed alcuni operatori sanitari si fanno promotori di un parto attivo, per quale ragione esistono ancora resistenze alla sua effettiva concretizzazione? Secondo il mio parere, il potere dell’istituzione medica è oggi ancora troppo forte e pervasivo per essere attaccato dall’esterno oppure logorato dall’interno; inoltre all’interno della nostra società ci sono ancora troppe resistenze emozionali, culturali ed ideologiche, e proprio queste, a mio avviso, impediscono di attuare politiche adeguate al fine di rendere l’evento del parto un’occorrenza pienamente umana. Più che mai si rivela necessario un cambiamento individuale - e dunque collettivo; ma considerando che si tratta di un mutamento antropologico di vasta portata, non possiamo pretendere che avvenga in tempi brevi: l’unica cosa da fare credo sia allora informare, riflettere, proporre, affinché ogni donna possa dirsi consapevole, e possa dunque esigere la tutela dei propri diritti, tra cui figurano quelli di gestante, partoriente e puerpera.

(27 Dicembre 2012)
articolo comparso su "NoiDonne"

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