21 novembre 2015

Di chi è il parto?

ARTICOLO DI Marie-Hélène Lahaye
Nel mio articolo precedente « La césarienne, ou les femmes à la découpe », ho mostrato come nel nostro paese [n.d.t. la Francia], un cesareo su due sia inutile e venga praticato soprattutto nell'interesse del medico, trasformandosi in uno strumento di dominazione sul corpo femminile.
Per togliere ogni ulteriore dubbio in quelle persone che pensano che questa tecnica sia innanzitutto utilizzata per salvare le madri e i loro bambini, basta esaminare cosa avviene nei luoghi della nascita, a livello mondiale.
Tanto la variazione spudorata della percentuale di cesarei associata ai vari paesi come le situazioni vissute individualmente da alcune partorienti, dimostrano che questa operazione è prima di tutto un'appropriazione del ventre materno da parte delle società patriarcali.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che dal 1985 il tasso di cesarei ideale deve collocarsi tra il 10 e il 15% dei parti totali e, nella sua dichiarazione del febbraio 2015, ha aggiunto che un tasso superiore al 10% non è associato alla riduzione del livello di mortalità materna e neonatale.

Un semplice colpo d'occhio alla cartina qui sotto permette, in primo luogo, di osservare il tasso ridicolamente basso  dei cesarei in Africa sub-sahariana, dato che riflette la presenza di un sistema sanitario "manchevole", che priva migliaia di donne di una base minima di assistenza medica, in caso di reale e vitale necessità.
Considerato che l'opinione pubblica occidentale rimane scossa e addolorata per le centinaia di migliaia di migranti che si infiltra alle porte dell'Europa,  è davvero sorprendente che non presti alcuna attenzione al tasso spaventoso di mortalità durante il parto che imperversa nelle metropoli africane.
Consentire l'accesso al cesareo a queste donne senza reddito non rappresenta un interesse per nessuno ed è quindi perfettamente superfluo.
Immagine in linea con il testo

Le tragedie della maternità nei paesi del terzo mondo hanno tuttavia un'utilità, quella di mettere a tacere le donne occidentali che osano criticare i maltrattamenti che ricevono nei nostri ospedali, spazzando via la loro richiesta di ricevere rispetto, tramite riflessioni superficiali e semplicistiche del tipo.
Volete forse che le donne di qui muoiano come succede in Etiopia?

Dalle altri parti del mondo, la percentuale di cesarei sorpassa ampiamente le raccomandazioni dell'OMS. Raggiunge il 33% negli Stati Uniti e tocca livelli deliranti in alcuni paesi emergenti come il 52% del Brasile e una percentuale tra il 36 e il 28% in Cina (in Italia la media nazionale è del 38% n.d.t.). A fronte di questo dato si colloca la presa di coscienza che un buon numero di donne sociale ed economicamente sfavorite in questi paesi non ha sempre accesso a questo intervento, cosa che chiaramente include i casi di pericolo di morte.
La Cina, paese in cui un bambino su due nasce con un cesareo, vede in questa operazione un modo molto comodo letteralmente per estrarre dal proprio ventre materno la metà dei 16 milioni di bambini che nascono ogni anno; coerentemente con questo rapido intervento (molto più veloce di un parto vaginale), la quantità del numero di ostetriche e infermieri è bassa.
La politica del bambino unico ha, in effetti, il terribile inconveniente di indirizzare verso l'ospedale quasi esclusivamente un afflusso di primipare il cui travaglio è in media più lungo di una multipara.
Il coordinamento attraverso il blocco operatorio permette di accrescere la cadenza delle nascite, riducendo a meno di un'ora la durata di un parto pianificato, lo stesso parto che, in caso di decorso fisiologico, avrebbe potuto durare anche 10 o 12 ore e che avrebbe quindi potuto iniziare in modo aleatorio.
La stampa internazionale funge quasi nulla da cassa di risonanza del punto di vista dei cinesi in merito a questa ipermedicalizzazione, ma non ci vuole molto a dedurre quali sono le aspirazioni più profonde di molte di queste madri.
In questo Stato si nota una sorta di tendenza a non rispettare le libertà individuali; numerosi indizi spingono a pensare che imponendo un solo figlio per coppia, una pressione enorme può gravare sulle donne.
La cultura patriarcale dell'Impero di Mezzo, prediligendo esplicitamente la nascita dei maschi può indurre le future madri ad aborti selettivi legati al sesso del bambino.
Inoltre, i parenti propri ed acquisiti della partoriente possono far pressione affinché sia in grado di realizzare una nascita perfetta, priva di alea, la cui data sia conforme alle predizioni astrali e ad altri simboli culturali, elementi che, tutti insieme, possono incitare il passaggio al bisturi. Infine, in questi paesi in cui si pratica questa sorta di aborto forzato viene bandita ogni forma di benevolenza verso il corpo femminile. A volte gli aborti forzati sono persino imposti ad uno stadio avanzato della gravidanza a delle mamme che non hanno ricevuto l'autorizzazione a concepire un secondo bambino, come nel caso di Feng Jianmei.
Quando l'interesse sul bambino prevale sui diritti della donna.
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 Se l'aborto selettivo o forzato è utilizzato come metodo di appropriazione dell'utero, il divieto di aborto innesta una sorta di oppressione delle donne in altri paesi.
In Brasile, la pressione esercitata dalla religione cattolica rende l'accesso all'aborto molto restrittivo e non permette un bilanciamento equilibrato [anche a livello di connessione e di counseling_ N.d.t.] tra i diritti del bambino, della madre [e della diade_ n.d.t.].
Così le donne possono essere costrette ad un cesareo contro la propria volontà, sotto il pretesto di proteggere il bambino che custodiscono in grembo. Il caso Adelir Carmen ha suscitato una mobilitazione internazionale l'anno scorso e si rende portavoce in modo molto eloquente di quanto i diritti fondamentali della donna incinta possano venire calpestati.  
Questa giovane donna desiderava tentare un parto vaginale per il suo terzo bambino, dopo aver subito due cesarei. Mentre era in casa, accanto a suo marito e alla sua doula, accogliendo l'inizio del suo travaglio in modo sereno, un gruppo di poliziotti muniti di un ordine giudiziario l'hanno trascinata come una criminale verso l'ospedale dove ha subito un cesareo coatto. Il giudice che ha ordinato questa azione in seguito alla richiesta dei medici, si è giustificato dicendo che
Quando c'è un conflitto di interesse tra la mamma e la vita del bambino, l'interesse del bambino ha la priorità
In questi paesi il tasso dei cesarei tocca una media dell'82% nelle cliniche private, la percezione del cattolicesimo e gli interessi della casta degli operatori si coniugano per creare una dominazione estrema sul corpo femminile.
Allo stesso modo, negli Stati Uniti, il rafforzamento costante delle leggi anti-aborto conferisce ogni priorità all'interesse dell'ovulo fecondato, degli embrioni e del feto, sui diritti delle donne, senza aprirsi ad alcun tipo di bilanciamento. Così un giudice di Washington D.C. ha imposto il cesareo ad una donna di 27 anni con serie problematiche di salute, con l'intento di salvare il bambino, pur sapendo che questa operazione rischiava di esserle fatale. Né la madre, né il bambino si sono salvati. In Iowa, una donna incinta è stata arrestata per "tentativo d'omicidio di feto". In Utha, una mamma di gemelli è stata a sua volta incarcerata per il sospetto che uno dei suoi gemelli sia morto a causa del ritardo col quale avrebbe acconsentito al cesareo. In Louisiana, una donna è stata imprigionata per omicidio dopo essersi recata in ospedale per perdite vaginali consistenti dovuto ad un aborto spontaneo di un bambino tra le 11 alle 15 settimane di gestazione. In Florida, una donna è stata trattenuta coercitivamente in ospedale per sospetto tentativo di aborto e poi è stata sottoposta ad un cesareo contro la sua volontà. Questa donna ha in seguito perso la sua controversia in tribunale poiché il giudice ha statuito che i suoi diritti costituzionali "non primeggiavano chiaramente sugli interessi dello stato della Florida nella tutela della vita del bambino non ancora nato". 
Dal 2005, si sono verificati almeno altri 380 casi simili negli USA, con un incremento costante di anno in anno. Non più di pochi mesi fa, Purvi Patel è stata condannata a 20 anni di reclusione in seguito alla scoperta del suo bambino nato morto. Si è trattato del primo caso di applicazione della recente legge dell'Indiana che ha penalizzato il crimine di feticidio, reato che potrà essere utilizzato contro ogni donna che si trovi a vivere un aborto spontaneo.
Allo stesso modo, dei cesarei forzati sono stati imposti vicino a noi, in seno all'Unione Europea. L'Irlanda, conosciuta per essere uno degli stati più restrittivi, è anche quello più ricco di procedimenti giudiziari che permettono al personale ostetrico di ottenere un'autorizzazione del giudice per poter inviare sotto i ferri le donne incinte che non vi acconsentono. Nell'agosto 2014, una giovane donna rimasta incinta dopo un abuso sessuale si è vista vietare la possibilità di abortire e ogni tipo di supporto psicologico. Dopo uno sciopero della fame, è stata reidratata a forza, poi ha subito un cesareo coatto a 25 settimane per toglierle un bambino a malapena vitale nella vita extra-uterina poiché i giudici hanno ritenuto che fosse troppo in pericolo nel suo utero. Qualche mese prima, in Regno Unito,  un'italiana aveva subito lo stesso trattamento. Internata in una clinica psichiatrica per bipolarismo, è stata qualche settimana più tardi sedata per subire un cesareo al fine di consegnare la bimba ai servizi sociali i quali avevano ottenuto dalla Alta Corte l'autorizzazione per questa operazione.
Il parto è indissolubilmente legato ai diritti connessi con l'alveo sessuale e riproduttivo.
Ognuno di questi casi ha come minimo comune denominatore il fatto che l'opinione delle donne sia totalmente ignorata. Il tutto si pone in un'ottica di prevalenza di alcuni diritti/interessi del bambino contro quelli della donna, senza alcun bilanciamento, senza alcun supporto. E questo investe anche i casi in cui l'interesse della madre sia di offrire una nascita dolce al proprio figlio.
Appare un quadro culturalmente misogino, ancora al mito della pericolosità delle donne: una perenne caccia alle streghe. Il braccio armato di una politica patriarcale le riduce al ruolo di contenitore da utilizzare per la gestazione e da sventrare per semplificare la venuta alla luce.
La questione dei diritti delle donne e della diade nel parto non è scindibile con quella dei loro diritti sessuali e riproduttivi. 
(traduzione a cura di Marika Novaresio volontaria Innecesareo, revisione Francesca Alberti)

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